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Happy Freud subacqueo: l’incontro n.2

Happy Freud subacqueo: l’incontro n.2

II secondo incontro dedicato al FreudHappyHour a tema subacqueo vede la saletta dello Spirit riempirsi oltre misura, c’è chi si trova incuriosito dal “format” e chi non vede l’ora di affrontare l’argomento “coppia” subacquea. Effettivamente è il tema del rapporto con il proprio compagno di immersioni, quello che il gergo subacqueo definisce buddy, ad essere al centro di interesse ed è, inequivocabilmente, assai spinoso.
La difficoltà nel fare il primo esercizio emerge evidenziando sin da subito la fatica ad individuare e circoscrivere in poche righe “cosa posso aspettarmi durante un immersione dal mio buddy”. Perché è evidente che il tema delle aspettative si snodi lungo un continuum che lega proprio le aspettative alla delega e, come in una spirale, si avvolgano gran parte delle riflessioni, per lo più accese. L’animosità che si percepisce è viscerale e associa continuamente al tema delle paure e della richiesta di bisogno…  La didattica (qualunque essa sia) dovrebbe riuscire a trasferire il senso di responsabilità ed autonomia, indipendentemente dall’importanza di scendere in coppia. Eppure il vissuto prevalente che è emerso è quello in cui il significato di buddy si sintetizza in: tu che sei quello più esperto mi salverai in caso di pericolo. Allora la fiducia sconfina nella delega “protettiva” verso chi si deve far carico di un “peso” emotivo e, spesso, lo mal tollera. Eppure si evidenzia come esistano meccanismi per i quali si perpetuano certi abbinamenti, un’abitudine che nonostante le lamentele rappresenta proprio quelle dinamiche che, in altri contesti “asciutti”, le persone agiscono e in immersione ripropongono con schemi adattati.  L’accento si sposta, quindi, sull’offrirsi la possibilità di scegliere, cambiare, fino a darsi l’occasione di chiedere alla guida, senza che questo violi il bon ton, di avere un buddy differente se lo sconosciuto compagno affidato non offra “fiducia”. E questo può valere per entrambi i generi: la donna che non si fida del subacqueo intravedendo in lui il prototipo di colui che farà un’immersione solitaria e l’uomo che percepisce nella subacquea colei che non gli farà godere appieno dell’immersione. Inevitabilmente sarà opportuno anche riflettere proprio sulla differenza fra i generi: prevalentemente in sala sono le donne a lamentare “trascuratezza” dal proprio buddy, viceversa non c’è un’analoga corrispondente richiesta fra gli uomini. Naturalmente la fiducia non è un fattore razionale. I meccanismi basilari nella fiducia risiedono nella zona “antica” del cervello che elabora odori, forme, segnali, tracce. Dobbiamo quindi distinguere una “psicologia razionale” della fiducia da una “psicologia nascosta” della fiducia. Di chi o cosa ci fidiamo, e perchè? Di chi o cosa ci fidiamo poco, e quali segnali forti o sottili alimentano il nostro sospetto… Di fatto, probabilmente, il binomio che si crea fra compagni di immersione è quello stesso che lega la godibilità (o la percezione della stessa) della subacquea e la paura di incorrere in criticità. Questi 2 elementi evidentemente vivono nell’esperienza delle immersioni osmotiche intersezioni, di cui raramente si ci rende consapevoli.

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